LA GUERRA CONTINUA

Mentre sto scrivendo si avvicina l’anniversario “ufficiale” della nostra convivenza con mister Covid 19. Che dire? Forse la miglior cosa sarebbe quella di stare in silenzio in quanto già sono in tanti a dire tutto e il contrario di tutto. Silenzio e doveroso raccoglimento  per ricordare i troppi colleghi morti nell’esercizio del proprio lavoro e non solo. Come non ricordare infatti le centomila persone decedute dall’inizio di questa dannata pandemia? E’ come se una città grande quasi come Perugia fosse stata cancellata dalla carta geografica. Persone che nella maggior parte dei casi se ne sono andate senza poter essere abbracciate dai propri cari. Andate via così, in maniera fredda e anonima senza quella ritualità che connota il contesto antropologico in cui siamo nati, cresciuti ed invecchiati.

Non voglio fare considerazioni scientifiche in quanto spetta senza dubbio a  figure molto più qualificate della mia, ma voglio solo “sfogarmi” come uomo e come medico: scrivere  molto spesso ha un’azione catartica, come  parlare con qualcuno e in questo caso specifico è come se parlassi a tutta la popolazione medica della mia provincia.

E’ passato  quasi un anno da quando il presidente Conte annunciò il lockdown totale e ci trovammo completamente spiazzati e spaventati. Uscivo di casa per raggiungere l’ambulatorio attraversando strade deserte con poche auto che circolavano. Sala d’aspetto vuota,  le seggiole accatastate, qualche paziente mascherato che arrivava in fretta e ancora più in fretta andava via. I colleghi mascherati che lavoravano per telefono, come me  del resto. Parola d’ordine: richiedere tamponi, positivo? Ricercare ed isolare i contatti stretti. Sintomatico? Paracetamolo, clorochina si e clorochina no, antibiotico si e antibiotico no, cortisone si e cortisone no. Saturazione bassa? Chiamare il 118…..andrà tutto bene! Alla fine ritorneremo a veder le stelle.

Con l’arrivo dell’estate ci eravamo tutti illusi che il peggio fosse passato. La catena dei contagi sembrava miracolosamente interrotta e stavamo ricominciando a far una vita sociale quasi normale. Il sabato sera si era tornati a riprendere il culto del cenare con amici, le chiese avevano ripreso a celebrar messe ed eravamo tutti convinti di essere fuori dalla pandemia in barba alle Cassandre che seguitavano  a profetizzare sventure. Invece di organizzarsi per l’autunno, moltissimi andarono in vacanza  al mare, d’altronde c’era anche il bonus,  e la sera non c’era niente di meglio che  andare in discoteca a scatenarsi in mezzo a frotte di festanti.  Già alla fine di Agosto, però, si potevano vedere le prime avvisaglie in quanto anche il virus era andato  a ballare in discoteca infettando molti ballerini festaioli….e con Settembre arrivò la doccia fredda. Mister Covid, infatti, si era organizzato per la seconda ondata che esplose in tutta la sua drammaticità con la riapertura delle scuole. Gli studenti invece di recarsi a lezione con biciclette e monopattini avevano preferito accalcarsi negli autobus e nelle metropolitane. Nelle aule i banchi con le rotelle non erano stati in grado di garantire un distanziamento utile a prevenire la trasmissione del virus che da scuola veniva riportato a casa infettando genitori e nonni. La seconda ondata per noi Umbri si rilevò molto più virulenta, con un gran numero di infetti che determinò il collasso del tracciamento da parte del Dipartimento d’Igiene e Prevenzione per cui fu necessario reclutare gli studenti del sesto anno di Medicina. Le USCA che fino a quel momento avevano avuto diversi momenti di scasa attività cominciarono a dover correre per tutto il territorio per i moltissimi interventi domiciliari. I tamponi oramai non si contavano più fra quelli effettuati nei vari drive-in  gestiti direttamente da noi medici di medicina generale o in quelli gestiti dalla ASL . Stefano Brando, Natale Mariani sono stati i primi colleghi deceduti per infezione da Covid,è di ieri la notizia della morte di Anselmo Zingarini, medico di famiglia come i due precedenti anche se da poco ufficialmente in pensione, sempre a causa del virus, mentre è di oggi quella della morte di Fausto Fiorini detto Pelosi, sempre medico  di medicina generale della Valnerina.

La disperazione e la rassegnazione cominciano ad essere gli stati d’animo più diffusi e la prescrizione di ansiolitici e antidepressivi sta aumentando in maniera esponenziale in attesa di qualcosa che porti un po’ di sereno e di sicurezza  come la copertura vaccinale. Anche qui, nonostante i proclami e le rassicurazioni da parte della politica vediamo come nella realtà dei fatti non sia per niente tutto liscio e sicuro: ritardi nella consegna, ritardi nella distribuzione e calendari regionali diversi fra loro con sistemi di prenotazione blindati che non permettono un minimo di concertazione. La preoccupazione maggiore però è quella che con le continue mutazioni spuntino le cosiddette varianti che potrebbero inficiare l’efficacia di questi vaccini e se così fosse sarebbe un vero disastro: la fine della speranza, la perdita della rivincita e del rilancio. Ho letto in questi giorni un articolo di un collega che definiva questa situazione un Vietnam sanitario e in effetti tale paragone è tutt’altro che peregrino in quanto tutti quelli della mia generazione ricordano bene come andò a finire quella guerra. Ora come allora tutto l’imponente apparato rischia di soccombere a causa degli effetti deleteri dei media e degli errori tattici dei generali che seguitano a non capire che questa guerra non si vince con le grandi centrali operative o con l’esercito schierato in un’aperta battaglia campale, ma con una strategia di guerriglia del porta a porta con armi leggere ma altamente flessibili e mobili.

Non voglio fare l’elenco degli errori e delle inutili e costose manifestazioni di autoreferenzialità come gli Stati Generali, la pletora di comitati tecnico scientifici in cui si decide tutto e il contrario di tutto, l’App Immuni, i bonus per biciclette e monopattini…….ma lasciamo perdere altrimenti corro il rischio da trasferire in ambito politico quello che vuole essere solo una riflessione da medico e come al solito da medico di famiglia.

Voglio chiudere, pertanto, riportando alcune considerazioni che ho scritto nel mio editoriale:” Quale Medicina Generale durante e dopo la pandemia? Non sarà mai più niente come prima?” Pubblicato sulla rivista Sistema e Salute n.2/2020, e con dei versi che da un po’ di tempo a questa parte mi vengono di getto e fotografano il mio stato d’animo.

“…..a  questo punto sorge spontanea la domanda. Tutte queste considerazioni sino ad ora esposte possono essere considerate esaustive per descrivere su come sarà la figura del medico di medicina generale del futuro oppure dalla pandemia dovremmo aver imparato qualche lezione? Al medico di assistenza primaria  basterà  occuparsi solo dell’attività clinica rivolta all’individuo e alla sua famiglia, oppure dovrà estendere il proprio raggio d’azione verso un concetto di “salute globale”, intendendo con questo il sorvegliare in un’ottica sistemica e complessa tutto l’eco-sistema della comunità in cui vive? Senza dubbio abbiamo imparato diverse lezioni: 

1)     l’importanza di un Servizio Sanitario Pubblico

2)   come il definanziamento del Servizio Sanitario a causa di una visione aziendalistica della salute porti a delle criticità che minano l’efficienza e l’efficacia del Servizio Sanitario stesso ripercuotendosi soprattutto sull’assistenza territoriale e sui servizi di prevenzione ed igiene 

3)   le conseguenze di una deriva di un certo federalismo sanitario regionale in cui si è creata una competizione fra Governo nazionale e Governatori regionali e pertanto si dovrà creare un sistema di diversi rapporti che integrino virtuosamente  le Regioni con un potere centrale a guida più forte senza che ritorni un centralismo passato né derive verso piccole repubbliche sovrane 

4)   l’accentramento nei grossi poli ospedalieri in caso di pandemia rappresenta una criticità e non un vantaggio

5)   la cronica mancanza di comunicazione fra ospedale e territorio peggiora nell’emergenza

6)   senza dubbio l’inquinamento ambientale, lo sfruttamento intensivo del territorio con una visione industriale della produzione agricola e zootecnica hanno avuto una loro importanza. 

 Il medico di medicina generale, pertanto, non potrà sottrarsi al ruolo di sentinella e di sorvegliante della salute della comunità in cui opera. Ci attende una formazione, una curiosità ed una sensibilità cui non siamo abituati, ma ce lo richiede in nostro codice deontologico, i nostri pazienti e il nostro “essere” medici.”

E LA GUERRA CONTINUA

E la guerra continua incurante di tutto. La guerra continua fra assalti ed ondate.

Non sirene per  incursioni aeree. Non colpi di artiglieria. Non bombe, non schegge

ma la stessa paura per colpi di tosse e fronti ardenti.

In fila indiana davanti a negozi come fu per tessere annonarie anche se il cibo oggi abbonda.

In fila davanti a farmacie ed ambulatori. Posti di blocco che ti fermano e ti chiedono dove vai.

Coprifuoco ed elenco dei morti. Rianimazioni e ospedali da campo come in guerra.

Un tampone! Un sierologico! Niente amici né cena consumate in allegria.

L’ansia è oramai scemata e prevale l’abitudine al precario. Oggi ci sono, domani chissà?

Si va avanti a ritmi e gesti automatici con la maschera che prevale sulla mascherina.

La maschera del dottore tranquillo e sicuro. La maschera di chi incoraggia e non aspetta 

di essere a sua volta rincuorato. La maschera di chi non deve scomporsi nemmeno difronte 

alla morte. Morte! Con la tua idea ci convivo oramai da tempo come accade ai soldati in guerra.

Certo perché siamo ancora in guerra, una guerra continua.

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Tiziano Scarponi

1 comment

  1. Avatar

    LUCA TEDESCHI

    Complimenti Tiziano! E’ sempre un piacere leggerti!

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