VIVERE AL TEMPO DEL MEDIOEVO CONTEMPORANEO.
Ci sono degli anni che vengono presi come date per stabilire la fine di un’epoca e l’inizio di una nuova. Con il 476 d.C , caduta dell’Impero Romano d’Occidente, comincia il Medioevo. Con il 1492, scoperta dell’America, comincia l’era Moderna e sono convinto che, forse fra qualche tempo, anche il 2020 verrà considerato come l’anno dell’inizio di una nuova era. Probabilmente gli storici diranno che la nuova epoca era già cominciata con l’avvento della rete web, ma senza dubbio il 2020 con la pandemia da coronavirus può essere considerato l’inizio ufficiale di quello che io chiamo il medioevo contemporaneo.Mi sarà perdonato l’ossimoro e il mio addentrarmi in riflessioni più pertinenti forse per un sociologo piuttosto che per un semplice medico di base, ma osservando con spirito critico tutto il mondo che quotidianamente mi si svela davanti fatto di pazienti, di colleghi, di interazioni con i social media e con la televisione, quasi mi sento obbligato ad avventurarmi in queste considerazioni.
L’altro giorno non riuscivo a parlare con mia figlia, perché si susseguivano telefonate da parte di pazienti che mi illustravano i loro sintomi e di fatto volevano una diagnosi ed una terapia per telefono, nonostante li invitassi a venire a studio. Spiegavo a mia figlia che oramai cominciava ad essere una prassi consolidata e che quasi ci rimanevano male quando dicevo di prendere un appuntamento e questo capitava soprattutto con i pazienti più giovani. “ Normale! Papà. “ mi ha risposto “Ormai dopo più di un anno di lezioni ed esami fatti a distanza, di serate trascorse a chiacchierare e a cazzeggiare tra amici davanti al computer con Zoom o Skype, ci mette pensiero anche mettere il naso fuori di casa. Qualche volta mi accorgo che ho trascorso tutta la giornata in pantofole e se seguita così corriamo il rischio di non distinguere più la differenza fra il giorno e la notte. Basti pensare , come oramai, anche noi ragazze quasi quasi preferiamo acquistare persino i vestiti e le scarpe per internet…..non c’è più il piacere di andare per negozi a curiosare e vedere come facevamo prima”.
Mentre mia figlia parlava mi sono affiorate alla mente i castelli e le rocche medioevali costruite per difendersi dalle invasioni barbariche. Le pestilenze che obbligavano all’isolamento e all’abbandono delle città per cercare nella campagna luoghi più sicuri per poter sopravvivere. Il potere quasi assoluto del feudatario realizzato dai suoi sgherri… Per carità! I modi e i costumi sono diversi ma lo stato d’animo e le emozioni forse erano e sono le stesse.
E’ oramai accettato da tutti che da tempo stiamo vivendo in epoca post-industriale in cui la maggior parte della popolazione non è più occupata alla produzione di beni materiali e il potere è di fatto in mano a chi detiene la conoscenza, dando vita alla cosiddetta società della conoscenza preconizzata da Peter Druker.
Il terzo millennio che stiamo vivendo scorre all’insegna dell’informazione, dello sviluppo ultratecnologico, della stampante 3D, dell’Intelligenza Artificiale e dei Big Data che sono una fonte infinita di dati grezzi che devono essere assemblati ed ordinati. Viene prodotta di fatto un’informazione e anche una conoscenza che però dovrebbe essere sempre guidata ed orientata da uno spirito critico complesso e sistemico che cozza però con il principio digitale del codificare e interpretare la realtà solo attraverso numeri ed algoritmi.
La pandemia di Covid19 con tutte le sue conseguenze di isolamento forzato, di annullamento di quasi tutte le relazioni e contatto fisico con gli altri ha determinato un cambiamento nel modo di vivere le esperienze umane creando quasi un “sé digitale”, artificiale, un avatar come scrissi in un precedente mio editoriale riguardo la mia esperienza di essere medico.
“Il mondo non è più ciò che sussiste, offrendosi al viandante che lo esplora, bensì gira attorno al sedentario (e isolato) internauta: se il mondo viene a lui, egli non “è-nel-mondo”, parafrasando Heidegger, ma si istituisce quale semplice consumatore di quella realtà. Indipendentemente dal fine per cui è usato, e prima ancora che gli si assegni uno scopo, il medium ci determina come” spettatori” di una rappresentazione della realtà, e non come partecipi di un’esperienza o attori di un evento. L’essere a quel punto dovrà misurarsi sull’apparire, poiché la sua importanza, il suo riconoscimento nel mondo, dipenderà dalla sua diffusione attraverso i media.”
Credo che questa riflessione tratta da :”I nuovi paradigmi della “mediasfera”:dall’impatto antropologico e formativo alla specificità del testo digitale” di Valentina Fonte ( Formazione &Insegnamento .Supplemento n XI -1-2013 pag.159) sia un crudo corollario di quello che ci aspetterà come conseguenza di questa era che speriamo possa presto transitare verso un vero e proprio rinascimento se saremo in grado di gestire invece con flessibilità critica e matura il cambiamento, ma questo ne parleremo un’altra volta.