L’impatto della burocrazia e dell’informatica nella professione medica.
Editoriale pubblicato sul Bollettino dell’Ordine dei Medici della Provincia di Perugia 3/2016
Io sono dematerializzato!
Chi mi conosce o chi mi segue leggendo questi editoriali sa benissimo come la penso in merito all’informatica, alla telematica e via dicendo. Anche se sto sempre dalla parte di chi invoca l’ Umanesimo in sanità, sono perfettamente consapevole che il mondo va avanti, la società cambia e va avanti e anche la medicina, nonostante qualcuno pensi il contrario come se fosse una categoria dello spirito di gentiliana memoria, va avanti e muta. Ci potrà piacere oppure no, anche il nostro lavoro di conseguenza subisce il cambiamento e a noi non resta che adeguarci e cercare di metterci in maniera pragmatica a nostro agio in una situazione in cui di primo impatto tutto può sembrare ostico e di difficile gestione.
Quando iniziai, il passato remoto è d’obbligo, nel 1978 a lavorare, niente mi faceva supporre che nel giro di pochi anni avrei cambiato in maniera strutturale il mio modo di lavorare. Nel settembre dell’89 acquistai il mio primo personal computer: un “Amstrad” con un microprocessore “AT” e una memoria di hard disk di addirittura 20 mega con cui iniziai a tenere la mia prima cartella clinica informatica orientata per problemi e a stampare ricette con una stampantina ad aghi che emetteva il suo caratteristico suono da pelle d’oca ad ogni cambio di riga. Da allora anche il mondo dell’informatica si è evoluto a un ritmo vertiginoso, tanto rapido che non si faceva in tempo ad acquistare una nuova ” macchina” che dopo nemmeno un anno cominciava ad essere superata.
Dos, Windows in decine di versioni…..per arrivare allo stato attuale in cui ora lavoro in rete con i miei colleghi della medicina di gruppo e on line con l’Agenzia delle Entrate ed il server regionale. In questo momento, dico ai miei pazienti, lo studio del medico di famiglia è diventato come lo sportello bancario o delle poste…….se non va il terminale non si può più fare niente.
Un tempo, compilare una ricetta o un’impegnativa per accertamenti era una “volata”: cognome e nome del paziente, numero di libretto della mutua, diventata poi SAUB e poi USL, il nome commerciale del farmaco con la quantità consentita, firma e via. Adesso la compilazione di tali apparenti pezzi di carta è invece diventata un qualcosa di veramente complesso, di articolato quasi inintelligibile. Vediamo tutti i passi ad uno ad uno!
1) Cognome e nome del paziente, che però per la privacy andrebbe chiesto se metterlo in chiaro oppure oscurato.
2) Codice fiscale
3) indirizzo del paziente, obbligatorio se farmaci della IV tabella.
4)Codice di esenzione dal ticket oppure
5) Fascia di reddito
6)Sigla provincia e numero dell’ASL di appartenenza
7) Finalmente il farmaco, ma attenzione! Indicare il nome chimico se nuova terapia, nome chimico insieme al nome commerciale se vecchia terapia, solo nome commerciale con la dizione di NON SOSTITUIBILE con la motivazione, se vuoi che il farmacista dispensi il prodotto che prescrivi.
8) La nota CUF se ricorrono le condizioni per la rimborsabilità del farmaco e poi, facoltativa, la biffatura della lettera S per indicare che la ricetta è suggerita, vale a dire è una ripetizione di una prescrizione specialistica.
9) Timbro e firma.
Se si tratta di accertamenti la cosa si fa molto più difficile!
Sino al passaggio n.6 le modalità sono le stesse, ma soprattutto da quando è arrivata la dematerializzata il passaggio principale, quello dell’indicazione dell’esame è diventata una specie di labirinto di difficile percorso. Va da sé che in un sistema, in una rete in cui i vari nodi dialogano fra loro si debba usare un linguaggio unico: il nomenclatore regionale nel nostro caso, ma il problema è che la sua stesura ha comportato la rivisitazione della denominazione di molte specialità senza previa informazione e concertazione con chi queste le deve poi richiedere. Un esempio. La richiesta di una visita neurologica legata ad un sospetto diagnostico o a una diagnosi circostanziata dovrebbe essere cosa tranquilla, ma non è così: il CUP rimanda al mittente la richiesta se accanto alla visita neurologica non compare in maniera predefinita e con un codice, la dizione per i disturbi del movimento, per i disturbi della memoria, dei disturbi del sonno o del centro cefalee, delle malattie demielinizzanti, neurologica vascolare, neurologica endocrinologica e chi più ne ha più ne metta. Sono comparse poi richieste nuove di zecca: medicazione non asportativa di ferita, esame senologico clinico-strumentale che esplode tre prestazioni, tutti i profili che esplodono ogni ben di Dio e altro. Risulta scomparso invece l’esame istologico ed altri esami che possono essere richiesti solamente dallo specialista. Un’altra grande criticità è proprio quest’ultimo, che seguita a crocettare esami su fogli prestampati o, a richiedere specialità senza minimamente adeguarsi al nomenclatore, ma che ci possiamo fare?
Una volta individuato l’esame in maniera corretta, mi faccio il segno della croce per l’eventuale codice RAO. Qui in teoria doveva essere tutto semplice e chiaro. Io stesso ho partecipato in Azienda USL alle commissioni per l’individuazione delle Categorie Omogenee di Attesa, ma come al solito fra il dire e il fare c’è in mezzo il mare! La burocrazia ottusa, il paziente ansioso, l’autoreferenzialità più o meno consapevole del terminalista CUP o del farmacista ci stanno costringendo di fatto a ripetere la prescrizione di circa il 40% delle richieste.
Fra il “non c’è posto” o ” c’è posto fuori sede”, prenotazioni bloccate, ” c’è posto se ti ci mette l’urgenza” la richiesta di accertamenti è diventata una concertazione continua molto spesso foriera di dissapori, discussioni e persino liti con tanto di revoca del medico di famiglia da parte dell’assistito.
Tutto questo che è stato detto sino ad ora, riguarda unicamente il tempo e le energie mentali spese per la compilazione formale della prescrizione. Pensate il dover fare una ricetta a casa del paziente in occasione di una visita domiciliare con una persona anziana che non si ricorda dove ha messo la tessera sanitaria e a quale fascia di reddito appartenga! Noi non ricordiamo, magari, se il paziente ha un’esenzione per patologia specifica o il numero della nota CUF per quel farmaco! Pensate se, come spesso capita, in ambulatorio all’improvviso sparisce il collegamento telematico o si inchioda il programma che gestisce il data base. Immaginatevi quando si inceppa la stampante, quando si “incasina” la rete della medicina di gruppo o l’ENEL sospende l’erogazione dell’energia elettrica per guasti o manutenzione! A tutto questo aggiungete magari l’ansia per una diagnosi incerta dopo un esame clinico, l’avere pensato una terapia che deve essere efficace, appropriata e possibilmente di basso costo, oppure un accertamento con la dizione giusta, appropriato e con RAO che non dia poi adito a discussioni. Pensate a tutto questo, quando oramai spruzzate adrenalina da tutti i pori, nel momento in cui date l’invio per la stampa e pensate che la prescrizione stia viaggiando nella rete dematerializzata…….vi viene spontaneo:
” Voglio dematerializzarmi anch’io!”.