Nel novembre 2019 Lucio Coletto è stato nominato assessore alla tutela e promozione della salute, programmazione e organizzazione sanitaria, sicurezza alimentare, dei luoghi di lavoro, welfare, politiche famigliari per l’infanzia, i giovani e immigrazione, alla cooperazione, associazionismo e volontariato sociale ed alle politiche di parità di genere e antidiscriminazione della regione Umbria. Lo salutiamo e gli porgiamo le seguenti domande.
E’ di questi ultimi giorni la notizia della critica situazione finanziaria della sanità umbra. Quali sono state le cause di questa criticità e quali correttivi vengono adottati per risolverla? Lei che poteva essere considerato all’inizio del suo mandato un osservatore esterno, quali sono stati e sono i punti di debolezza del Servizio Sanitario Regionale Umbro? Come pensa di organizzare i tavoli per la stesura del nuovo piano sanitario al fine di ottenere il necessario accordo dei professionisti della sanità per il raggiungimento del governo clinico? Infine come vede la possibilità di realizzare un Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico (IRCSS) i Umbria’
Premetto che il mio insediamento ha coinciso con la grave situazione pandemica nazionale che ha visto il coinvolgimento di tutta la rete assistenziale regionale che ritengo abbia risposto adeguatamente, nelle sue varie articolazioni, allo stato emergenziale. Essa è stata peraltro una opportunità importante che ha permesso di rilevare i punti di forza e di debolezza del sistema stesso e che hanno rappresentato il presupposto per la futura riorganizzazione sanitaria. Venendo alla sua domanda credo che non si possa individuare un’unica causa responsabile dell’attuale condizione finanziaria della sanità regionale che, ritengo, sia il frutto e conseguenza di un progressivo “abbandono” del progetto sanità della Regione Umbria. La perdita di una visione generale del sistema sanitario regionale ed il contemporaneo abbandono del concetto di centralità del paziente/utente nell’organizzazione della sanità ha fatto sì che gli interessi generali venissero meno. Questa ritengo, sia una delle cause del disequilibrio economico che peraltro, grazie agli sforzi di questi ultimi mesi, è stato riportato in pareggio. Quanto detto ha rappresentato il viatico per una progressiva perdita di competitività del sistema “Umbria” che dovrà rappresentare una delle priorità del prossimo futuro ed a cui far riferimento per una reingegnerizzazione del sistema sanitario sia territoriale che ospedaliero con il fine di garantire migliori servizi, equità d’accesso, uniformità di trattamento secondo criteri di efficienza, efficacia e sostenibilità economica. Con questo rispondo in parte anche alla sua seconda domanda relativa a quali misure adottare per risanare tale quadro. Attualmente ci troviamo in una condizione di estrema frammentazione dell’articolazione sanitaria territoriale ed ospedaliera con la presenza, nel primo caso, di un numero di distretti eccessivo rispetto al dato della popolazione regionale cosa che determina una diseguaglianza nell’accesso ai servizi ed una loro non uniformità di erogazione. Questo è il presupposto per ridefinire un nuovo modello della sanità territoriale che dovrà rappresentare il fulcro della prossima futura organizzazione sanitaria. Una popolazione in cui gli indici di invecchiamento e di vecchiaia tendono progressivamente ad incrementare con conseguente maggior carico di patologie croniche, una riduzione della natalità regionale, una riduzione dell’attrattività economica sono tutte condizioni che dovranno e rappresenteranno il presupposto per una ridefinizione del nostro assetto sanitario con una visione di programmazione proattiva in grado di intervenire nelle varie fasi della malattia dalla prevenzione sino al fine vita. Un sistema che veda i vari soggetti coinvolti nell’anticipare ed intercettare precocemente i bisogni di salute sfruttando sistemi organizzativi efficienti, più vicini ai cittadini, e con il supporto delle nuove tecnologie (Telemedicina, Domotica etc..). La riorganizzazione del territorio sarà il presupposto per una ridefinizione dei compiti delle nostre strutture ospedaliere che dovranno assolvere al loro mandato assistenziale attraverso azioni sinergiche ed in rete così da definire “chi fa e cosa” con una visione regionale e non più “territoriale” riorganizzando funzionalmente i compiti e le attività di ognuno in una visione olistica dell’intero sistema sanitario ospedale-territorio. Con questo credo di rispondere, anche se in parte, alla sua domanda sui possibili punti di debolezza del sistema. La estrema frammentazione, la progressiva perdita di qualità del sistema hanno rappresentato uno degli elementi per la perdita di attrattività sia professionale che dell’utenza. Da tale punto di vista abbiamo ampi margini di miglioramento recuperando i migliori professionisti emigrati dalla regione e le migliori professionalità nazionali che potremo coinvolgere nel nostro progetto di crescita superando quel modello di chiusura all’interno dei propri confini che ha rigettato ogni elemento di competitività esterna. In questo progetto di riorganizzazione/reingegnerizzazione della nostra sanità un passaggio importante sarà il coinvolgimento leale dei professionisti della sanità e dei diversi stakeholders che saranno chiamati e coinvolti nella futura implementazione del nuovo sistema sanitario regionale attraverso tavoli di confronto finalizzati all’acquisizione delle necessità e delle istanze di ognuno. L’ultima domanda richiede una premessa che fa riferimento al fatto che l’Umbria è l’unica regione d’Italia a non avere un IRCCS e che tale soggetto sarà fondamentale nell’intercettare i fondi della ricerca stanziati dal PNRR che avranno come canale privilegiato ed unico la rete nazionale degli IRCCS. Questo nuovo soggetto il cui mandato normativo è l’eccellenza nella ricerca biomedica-traslazionale, l’eccellenza assistenziale, la definizione di avanzati modelli organizzativi sarà fondamentale per la futura crescita dell’intero sistema salute regionale. L’IRCCS rappresenterebbe un nuovo motore di propulsione della qualità del sistema sanitario in grado di mantenere e valorizzare ciò che ancora abbiamo in termini di eccellenza nella ricerca e nell’assistenza con una visione di progressiva crescita di tutta l’organizzazione sanitaria regionale. Non è un caso che tutte le regioni abbiano avuto la lungimiranza di costituire almeno un IRCCS nel proprio territorio la cui realizzazione è stata sollecitata e favorita dalle regioni, dalle Università e da importanti Stakeholders. Il perdere tale occasione comporterà, ancora una volta, rimanere alla finestra delle opportunità impedendo di riportare la sanità della regione al posto che occupava nei decenni precedenti. Le potenzialità di sviluppo di tale soggetto sono enormi potendo rappresentare non solo un elemento di recupero di attrattività dei professionisti e degli utenti ma sarebbe un elemento di “competitività produttiva” dell’intero sistema in grado di accrescere il livello culturale e professionale generale. È necessario approcciare il problema dell’istituzione dell’IRCCS con una nuova e lungimirante visione superando logiche spartitorie “cencelliane” avendo una visione del futuro e per il futuro che veda la convinta partecipazione di tutti i soggetti coinvolti istituzionali e non.