Titbit. Forse pochi se lo ricordano, ma nell’anno 1962 al n.1 di via Leonardo da Vinci aprì un’attività commerciale sulla cui insegna campeggiava la scritta Titbit, che ho scoperto molti anni dopo significare “bocconcino” in lingua inglese.
Era di fatto una rosticceria, uguale a quelle che stavano spuntando un po’ ovunque per la nostra città, in cui si potevano asportare vivande già cucinate o consumare pasti in piedi “al volo”. Per me era una novità e non mi rendevo conto che era l’inizio della fine della tradizione dello stare tutti insieme a tavola nella propria casa, mangiando magari piatti cucinati dalle sapienti mani delle proprie donne. Ma questa è un’altra storia.
Al momento dell’apertura il Titbit era abbastanza piccolo, quasi un monolocale con il tipico bancone dalla mensola cromata per appoggiare le borse, la vetrina incorporata dentro cui faceva bella mostra di sé ogni ben di Dio: fritti ed arrosti, verdure gratinate e grigliate, salsicce ed insaccati, il venerdì pesce a seconda della disponibilità. Dalla porta che si apriva nella parete dietro al bancone, si intravedeva la cucina con il caminetto con un fuoco sempre accesso su cui girava perennemente uno spiedo con polli e galletti infilati.
Dietro al bancone con la classico cuffietta femminile da cucina e con l’immancabile grembiule indosso regnava come regina assoluta la signora Flora Bistoni in Ferrini. Io la ricordo come era allora: una donna alta e magra, con un grosso naso aquilino, sempre a fare la spola tra il girarrosto ed il bancone della vendita con la tipica parlata “pontepattolese”, sua frazione di origine. Dopo poco tempo, il locale s’ingrandì aumentando un altro vano sulla propria sinistra che con 5 o 6 tavoli fungeva da sala ristorante.
Ho frequentato le scuole medie inferiori nella stessa classe di Fabrizio Ferrini, figlio dei proprietari. Quasi tutti i pomeriggi sono andato a fare i compiti a casa sua, che in pratica era il retrobottega di questo esercizio e posso affermare che per quasi tre anni ho vissuto metà della mia giornata sotto l’insegna del Titbit. Probabilmente l’inizio del mio sovrappeso è dovuto proprio a questa frequentazione: poter accedere in modo molto disinvolto a tutte quelle leccornie per merende e merendine……In effetti Flora era una cuoca abilissima che sapeva far rivivere i sapori della cucina umbra tradizionale nei piatti fatti in serie di una rosticceria e questa era senza dubbio la sua carta vincente. Era uno spettacolo, per me, veder girare lo spiedo sulla fiamma accesa del camino per arrostire ogni tipo di carne, vedere scolare dall’enorme friggitrice fiori di zucca, filetti di baccalà, supplì e la mia passione: l’arvoltolo.
Se ben ricordo ogni domenica il Titbit subiva tre attacchi, come li chiamava il signor Lamberto Ferrini, valente sarto che gestiva un proprio atelier in una traversa di Corso Vannucci, che però ad ogni festività veniva precettato per coadiuvare la propria moglie. Questi attacchi coincidevano con la fine delle tre sante messe che venivano celebrate nella chiesa cinquanta metri sotto e con l’invasione del negozio da parte dei fedeli stessi che venivano ad acquistare, tutto o in parte, il proprio pranzo domenicale.
E io anche la domenica mattina ero lì, insieme a Fabrizio e spesso anche a Genesio Marchetti, altro compagno di classe. Tutti e tre eravamo addetti alle consegne domiciliari per coloro che avevano ordinato telefonicamente e richiedevano la consegna a casa della spesa. Ricordo benissimo come alla fine della mattinata, dopo aver diviso fra noi i soldi delle mance, tornavo a casa saltellando dalla contentezza nel sentire il suono delle monetine che proveniva dalle mie tasche.
Altri momenti, altre storie, altri tempi in cui eravamo tutti più semplici e bastava poter addentare un arvoltolo croccante e poter agitare qualche spicciolo nella tasca dei propri pantaloni per essere felici e contenti.
Ritengo opportuno ricordare che la signora Flora, dopo che rimase vedova, con il tempo chiuse l’attività del Titbit e lo sostituì con un negozio merceria in cui soprattutto vendeva stoffe e tessuti.
Maria ignazia
simpatico ricordo di una vita passata